Sarà la creatività a salvarci?

Tempo di lettura 5 min

Per tanto tempo ho cercato qualche autore o libro che mi permettesse di approfondire la relazione tra creatività-manualità e benessere psicologico. La scorsa estate mi sono imbattuta in un libro interessantissimo dal titolo “fatto a mano – Aggiustare se stessi attraverso la creatività” di Rosemary Davidson & Arzu Tahsin due donne, lavoratrici, madri e crafter che hanno voluto dare una risposta proprio a questo mio quesito. Ne consiglio la lettura e proverò ad affrontare alcune tematiche riprendendo liberamente alcune riflessioni riportate in questo libro, insieme ad altri argomenti che mi sembrano centrali in questo periodo storico e sociale.

Il primo tema  che vi propongo è quello della Creatività…

Se ci chiedessero cos’è la creatività forse faremmo fatica a trovare una definizione univoca, ma se ci pensiamo bene ognuno ha un’immagine rievocativa che emerge nella nostra mente quando pensiamo a un esempio di creatività.  Tutti la riconosciamo quando la incontriamo: che sia un’idea, un concetto, una creazione, in tutti gli ambiti di vita, non solo nell’arte, la creatività, quando la incontriamo, abita, rinnova, stupisce.

Secondo Edward de Bono, uno dei padri del concetto di creativity e pensiero laterale, la creatività significa

“Stravolgere il ragionamento, partire dal punto più lontano possibile, ribaltare i dati, mescolare le ipotesi, negare certe sicurezze e addirittura affidarsi ad associazioni di idee del tutto casuali. Si deve perciò abbandonare il pensiero verticale, cioè quello basato sulle deduzioni logiche, per entrare nella lateralità del pensiero creativo”.

Albert Einstein sosteneva che

“L’immaginazione è più importante della conoscenza. Sollevare nuove questioni, discutere nuove possibilità, considerare i vecchi problemi da un nuovo punto di vista: tutto questo richiede immaginazione creativa e rappresenta un reale progresso nella scienza”.

Robinson, scrittore e educatore britannico definisce la creatività

“la forma più alta di intelligenza”.

Si tende spesso a pensare che la creatività escluda l’intelligenza, che essere creativi sia una cosa superflua o da bambini, anziché vederla come una competenza fondamentale.

Dall’ altra parte, il rischio è associare la creatività al genio con la conseguenza di non sentirsi all’altezza di poter eguagliare figure famose che hanno realizzato opere epocali. Facendo così non riusciamo a riconoscere il talento che c’è in noi e a definirci creativi.

Ma nella quotidianità ognuno di noi utilizza la cosiddetta “creatività quotidiana” che è quella che ci permette di vivere, di scegliere cosa mangiare, come vestirci, quale soluzione attuare in una questione lavorativa o scolastica.

Citando Robinson

“si può essere creativi in tutto ciò in cui si usa l’intelligenza”.

Una falsa credenza riguardo la creatività è che o creativi si nasce o non lo si può diventare. Se noi pensiamo ai creativi per eccellenza, ci vengono subito in mente i bambini, ma non un bambino in particolare, tutti i bambini.

A Pasqua mio figlio è rimasto molto deluso dal regalo che ha trovato dentro un super uovo che guardava e desiderava sullo scaffale da tempo. Davanti alla sua faccia triste gli ho detto: “tu hai le doti dell’inventore, di sicuro entro oggi avrai trovato il modo di reinventare questa sorpresa che ti sembra così inutile”. La sera stessa quella sorpresa deludente era diventata una finta consolle portatile e lui stesso mi ha detto: “Avevi ragione mamma che avrei saputo inventare qualcosa di nuovo, ora questo regalo mi piace molto!”

Cosa ci dice questo?

Che tutti possiamo essere creativi, i bambini lo sono per natura, ma che alcuni contesti e situazioni rendono lo sviluppo di questa competenza più semplice: innanzitutto la fiducia nelle proprie capacità e il riconoscimento esterno di queste. A questo si aggiunge il poter vivere e frequentare ambienti non giudicanti ma anzi in cui viene favorito il dialogo, la libertà di espressione e il supporto delle nuove idee che emergono, anche le più svariate e diverse, perché viste come risorse che mettono in circolo pensieri e confronto.

Per essere creativi c’è bisogno di tempo rilassato e liberato, di spazi temporali e fisici: pensiamo in alcuni contesti aziendali la cosiddetta “stanza delle idee” in cui i lavoratori possono passare del tempo passeggiando, pensando, lasciando traccia grafica e scritta di idee ancora in bozza, o attraverso stimoli che aiutano e facilitano l’insight, che spesso è il risultato di una ristrutturazione degli elementi del problema (Kounios & Beeman, 2009) che è stato possibile sviscerare e vedere da punti di vista diversi attraverso attività stimolanti e creative e a pensieri lasciati decantare nella nostra mente.

Tutti abbiamo esperienza di intuizioni, della cosiddetta lampadina che si accende quando stiamo facendo tutt’altro, magari mentre siamo impegnati in una attività rilassante. Quando il cervello è libero di vagare, spesso trova la via verso le soluzioni e le idee più insolite.

Infine la creatività è stimolata da attività giocose: pensiamo a tutto il tema della gamification, ovvero dell’utilizzo di attività ludiche in contesti che non nascono con questa finalità come appunto i contesti lavorativi e aziendali. Tema che meriterebbe un ulteriore approfondimento.

Cosa possiamo concludere allora da queste considerazioni?

Che tutti nasciamo creativi ma il tempo rischia di farci perdere questa competenza

la scolarizzazione, man mano che procede, tende a limitare gli spazi creativi di apprendimento, dando priorità a capacità quali la memorizzazione, la ripetizione e il ragionamento logico. Ciò che si discosta dall’apprendimento standard tende a essere disincentivato e non valorizzato. Ma le neuroscienze ci insegnano che il nostro cervello ha proprietà elastiche e rinnovabili. Utilizzare ad esempio le mani per attività creative attiva molteplici parti del cervello e crea connessioni neuronali nuove.

In generale, tutti possono essere creativi a proprio modo e il pensiero creativo, se liberato,  può aiutare a risolvere meglio i propri problemi. La creatività una volta risvegliata e allenata, ha risvolti positivi su l’intera vita delle persone.

Lavoro e creatività

La creatività è ritenuta oggi una delle competenze più importanti nel mondo del lavoro centrale per far fronte ai cambiamenti e alla complessità dei sistemi lavorativi e dei cambiamenti socio-economici.

Un buon leader sarà sempre più definito per la sua capacità di guidare le innovazioni e di creare cultura, fornendo metodologie e strumenti per accompagnare questo processo. Essere creativi significa anche pensare in modo strategico, comprendere subito le modifiche degli scenari e reagire ai cambiamenti, decidere nell’incertezza, sviluppare e diffondere il pensiero creativo (Amicucci 2004).

Daniel Pink uno tra i dieci più influenti esperti nel campo del management, sostiene che le qualità del lato destro del nostro cervello (intelligenza emotiva, empatia, intuizione, pensiero laterale, caratteristiche delle persone creative), saranno sempre più importanti nel determinare successo nel lavoro.

Ricerche e attività svolte con le aziende riportano un’esperienza interessante: quando ai propri dipendenti è concesso, anzi proposto di dedicarsi a attività creative non strettamente connesse al lavoro che svolgono, ma di loro interesse, queste ultime attivano meccanismi di pensiero laterale che hanno delle conseguenze positive anche nel proprio lavoro quotidiano.

In questo periodo di lockdown, molte aziende e realtà commerciali hanno dovuto tirar giù le serrande. Alcune hanno scelto di attendere la fine dell’emergenza e in alcuni casi non possono fare effettivamente altrimenti.

In tanti altri casi, però, ho visto realtà che hanno saputo rileggersi e riproporsi con creatività e innovazione, modificando la propria produzione o la modalità di distribuzione dei prodotti: penso a cooperative sociali che operano nella ristorazione e che oggi sono diventati ottimi “catering” con consegna a domicilio, o piccole cartolerie itineranti che soccorrono le famiglie che necessitano di materiale scolastico. Piuttosto che la buonissima colazione a sorpresa che ho ricevuto a Pasqua da una pasticceria dell’altro capo della città ma anche servizi on-line nascenti per rispondere ai bisogni del periodo contingente.

I periodi di crisi sono sempre destabilizzanti e questo si prospetta essere il peggiore dell’ultimo secolo… il concetto di crisi, però, porta con sè l’ambivalenza del rischio (che tutti abbiamo ben presente) e dell’opportunità…

l’opportunità obbligata ma forse unica, di cambiare e migliorarsi per non soccombere, per non restare indietro. Pensiamo quanto, allora, la capacità creativa, di guardare le situazioni da un punto di vista diverso, di proporre soluzioni nuove e alternative, sia centrale in questo momento. Sempre di più sarà netto il divario tra chi avrà saputo cogliere, sia tra le persone, sia tra le aziende, la faccia dell’opportunità, di ciò che può ancora essere e di ciò che si può diventare e non solo quella del rischio e di ciò che abbiamo perso.

In questo quadro nasce il bisogno di figure professionali preparate, che sappiano accompagnare le persone e le organizzazioni ad affrontare queste transizioni e che aiutino a sviluppare il pensiero positivo e creativo perchè ognuno maturi le competenze e le risorse per far fronte in maniera efficace alle sfide che questo periodo storico ci richiede.